Nella Rsa campana l’assistenza si basa sul coinvolgimento nella comunità anche dei più anziani che hanno ancora molto da offrire e non vanno emarginati
La Residenza Gianà si trova a Qualiano, a pochi chilometri da Napoli, ed ospita 64 pazienti, seguiti da 100 operatori specializzati. L’attività è nata come casa albergo per anziani, focalizzandosi sul mantenimento di forti legami con le famiglie di provenienza e solo successivamente è diventata una RSA, modificando la tipologia assistenziale ed aggiungendo cure e sorveglianza sanitaria continua.
Il background alberghiero è rimasto in ogni caso forte nell’organizzazione e nell’anima della struttura: il complesso si trova all’interno di uno splendido parco, dove gli ospiti riescono a svolgere molte attività all’aperto per più di nove mesi all’anno, grazie anche allo splendido clima campano, ed essendo la struttura a soli 5 km dal mare, gli anziani possono respirare la migliore aria possibile. Anche l’alimentazione è curata quanto in un albergo: una cucina interna con una cuoca che cerca di soddisfare le richieste, anche le più personali, degli ospiti cercando di dare al loro soggiorno sempre un sapore di casa. Nella struttura, ci racconta il direttore, l’avvocato Nicola Galdiero.
Presidente di Anaste Campania, viene riservata massima attenzione nello sviluppo e nel mantenimento della memoria degli ospiti come obiettivo primario, in quanto solo grazie alla nostra memoria possiamo mantenere l’identità personale. “Cerchiamo in vario modo di stimolare i nostri ospiti, ad esempio con l’uso della terapia della Reminiscenza: lo scopo è quello di sfruttare la naturale tendenza degli anziani a ricordare e a voler condividere esperienze del passato. AI nostri ospiti è stato affidato un foglio “La mia favola…c’era una volta… questa terapia non consiste soltanto nel raccontare e scrivere storie di vita personale, ma significa riviverle, ricostruirle, condividerle ed emozionarsi. Per mantenere il più possibile viva la loro anima e la loro provenienza cerchiamo di far in modo che si raccontino e proviamo a soddisfare i loro desideri/ricordi, ad esempio tramite le realizzazione di piatti tipici realizzati con le loro ricette familiari, facendogli svolgere molte attività nel giardino dove abbiamo un orto in cui ritrovano gli odori dei prodotti tipici della loro infanzia e della loro terra… e chiaramente seguire il calcio con il nostro amatissimo Napoli, i nostri ospiti hanno potuto seguire le partite e festeggiare con cori veri e propri insieme a noi e alle loro famiglie.”
La vincente filosofia di assistenza della Residenza Gianà si basa sul coinvolgimento nella comunità anche dei più anziani che hanno ancora molto da offrire e non andrebbero affatto emarginati. L’umanizzazione delle cure parte proprio dalla parola umanità, che deve essere alla base di ogni azione in questo lavoro. L’ultimo progetto della struttura è stato realizzato in collaborazione con l’IC Don Bosco-Verdi, organizzando un corso di lingua italiana per mamme straniere: 3 volte alla settimana gli ospiti hanno collaborato sia come docenti che come babysitter. L’avvocato si sofferma su quanto sorprendentemente positive siano state le reazioni da parte del territorio e conclude: “E’ un’esperienza ancora in corso ed estremamente coinvolgente quanto commovente per noi e per gli anziani, che si sentono nuovamente utili.
Questa semplice collaborazione ci ha portato un enorme riconoscimento da parte del territorio, tutti i cittadini della nostra comunità erano veramente sorpresi di come fosse realmente la vita dei nostri ospiti all’interno della Rsa. Queste iniziative sono necessarie, gli anziani devono rimanere all’interno della loro storia, del loro territorio e della loro comunità.” Comunità che in questo modo potranno vedere, con i loro occhi, che le RSA non sono affatto il castello degli orrori, immagine denigratoria imposta da molti media, ma che possono essere delle Oasi felici in cui convivono in armonia operatori ed ospiti.
Un nuovo farmaco contro l’Alzheimer in fase avanzata di sperimentazione sembrerebbe rallentare il declino cognitivo caratteristico della malattia e lasciare ai pazienti più tempo per compiere le piccole azioni di tutti i giorni in autonomia. Il farmaco, un anticorpo monoclonale della Eli Lilly chiamato donanemab non è una cura contro l’Alzheimer, ma solo un modo per ritardarne la progressione, e a fronte di effetti collaterali potenzialmente molto gravi. Ma se i risultati, per ora annunciati soltanto in un comunicato stampa, fossero confermati in studi scientifici in peer review, potrebbero rappresentare una nuova possibilità di contrastare i sintomi della più comune forma di demenza, che soltanto in Italia colpisce circa 600.000 persone, con altri 3 milioni di persone coinvolte più o meno direttamente nella loro assistenza. Il donanemab prende di mira le placche di proteina beta amiloide, depositi proteici extracellulari che si pensa possano causare il malfunzionamento, e quindi la morte, dei neuroni. Il farmaco si lega alle placche e ne facilita l’eliminazione.
Nel trial, che ha coinvolto complessivamente oltre 1.700 pazienti con i primi sintomi della malattia, il farmaco ha rallentato il declino cognitivo e funzionale (cioè la diminuzione della capacità fisica potenziale) del 35% rispetto al placebo. Il rallentamento nella progressione dell’Alzheimer è stato riscontrato in due diverse valutazioni, che hanno monitorato l’andamento delle funzioni fisiche e cognitive dei pazienti nell’arco di 18 mesi rispetto al gruppo di controllo.
Quanto agli effetti collaterali il farmaco è risultato tanto pericoloso, se non di più, rispetto al lecanemab. Il 24% dei pazienti che l’ha ricevuto è andato incontro a edema cerebrale (una grave patologia che consiste nell’accumulo di liquido e di pressione sui tessuti cerebrali), mentre il 6% ha riportato sintomi come confusione, mal di testa e svenimenti. Il 31,4% del gruppo trattato ha inoltre avuto microemorragie, rispetto al 13,6% del gruppo placebo. Entrambe queste condizioni, edema e microemorragie, sono anche sintomi possibili della malattia di Alzheimer. Ma la pericolosità degli effetti collaterali impone una riflessione costi-benefici che interesserà medici, pazienti e caregiver.