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Ruolo nuovo ai medici delle Rsa?

LA PROPOSTA: Come superare situazioni paradossali che rendono complicate assistenza e cura

Oggi il responsabile sanitario non ha responsabilità di diagnosi, di prescrizione e di cura, che competono invece al medico di base del paziente. Responsabilità cliniche che potrebbero essere attribuite agli specialisti interni ottenendo riduzione dei costi per risparmi di attività diagnostica, spesa farmaceutica e ricoveri inappropriati.

Le proposte avanzate sul ruolo della RSA nel futuro devono considerare il contesto della nuova organizzazione dell’assistenza territoriale, tenendo conto delle effettive esigenze legate alle modificazioni demografiche ed alla sostanziale carenza di posti letto residenziali per le cure di lungo termine, oltre che le notevoli differenze tra le varie regioni italiane. Inoltre, nel quadro di generalizzata riduzione delle risorse destinate al SSN, appare necessario prevedere l’impiego nuove risorse, aggiuntive all’attuale Fondo sanitario nazionale, se veramente si vuole ottenere un sistema in grado di rispondere con efficacia alle sfide dell’invecchiamento della popolazione. In caso contrario ogni riforma, specie quella del sistema nazionale assistenza anziani (SNAA), è destinata a fallire.

Per rispondere alla gravissima crisi, comunque, Anaste ha individuato una serie di proposte concrete sul nuovo assetto che le RSA dovranno assumere, per rispondere pienamente alle effettive esigenze della cittadinanza.
Le RSA infatti si sono trasformate, in questi anni, in reparti di lungodegenza medica proprio per la necessità di dover curare ed assistere anziani non autosufficienti malati, cioè portatori di patologie croniche, dalle quali dipende la loro non autosufficienza, che necessitano prioritariamente di trattamenti medici. Questa situazione si è determinata proprio per la strutturale carenza di posti letto dedicati alle cure di lungo termine, che ha causato inevitabilmente la selezione degli ospiti.

Oggi vengono ospitati nelle RSA solo gli utenti più gravi e più compromessi: per gli altri, quelli con disabilità di grado medio o lieve, non ci sono posti disponibili (e spesso non ci sono posti nemmeno per i gravi).

Considerata questa situazione Anaste ritiene sia necessario integrare l’organico delle RSA, nelle Regioni che ancora si affidano a sistemi indiretti – ad esempio presenza periodica o programmata dei medici di famiglia presso le strutture – prevedendo la figura del direttore o responsabile medico. Un aspetto fondamentale quindi dell’adeguamento dei servizi che le RSA di tutta Italia dovranno fornire, a garanzia della qualità del servizio, della continuità e tempestività delle cure e della valorizzazione della relazione di cura.

La seconda proposta di Anaste in quest’ottica è quella di attribuire al medico responsabile della struttura, che nelle Regioni che lo prevedono è già oggi uno specialista in geriatria o in branche mediche equipollenti, anche le funzioni di cura, oggi invece non previste.

Le normative attuali infatti, paradossalmente, assegnano ad uno specialista clinico esclusivamente funzioni di tipo igienico-organizzativo-formativo, ma non responsabilità cliniche, cioè di diagnosi, di prescrizione e di cura, che competono invece al medico di base del paziente.

Tale evidente contraddizione, nella proposta di Anaste, viene superata dalla attribuzione al medico di struttura di tutte le responsabilità legate all’assistenza medica degli ospiti, con evidenti benefici in termini di qualità di cura, non fosse altro che per la vicinanza e continuità del rapporto quotidiano tra medici e pazienti. Si avrebbe poi anche il vantaggio di una valorizzazione del ruolo dei medici di struttura, al momento mortificati da compiti in larga parte amministrativi, e si eviterebbero ricoveri impropri, legati appunto alla frequente inconsapevolezza, da parte dei medici esterni, dell’evoluzione delle condizioni cliniche dei singoli pazienti nel corso del tempo.

Il trasferimento delle responsabilità di cura ai medici di struttura, inoltre, avrebbe un impatto positivo sul sistema complessivo dell’assistenza territoriale della medicina di base, oggi stressata dalla carenza di medici, con milioni di cittadini italiani nella impossibilità di effettuare la scelta del proprio medico di base, per carenza di professionisti convenzionati disponibili.

Assegnando infine ai medici di struttura proprio la cura degli utenti più anziani e più problematici, cioè appunto quelli ospitati nelle RSA, si eviterebbe anche di sovraccaricare di lavoro e di responsabilità gli stessi medici di base in servizio, costretti oggi a superare per necessità il massimale delle scelte, affrontando le problematiche connesse alla cura di oltre 1800 pazienti.
Da considerare, in definitiva, che l’intera operazione è a costo zero, in quanto si tratterebbe esclusivamente di trasferire le “quote capitarie” relative agli ospiti dai medici di famiglia ai medici di struttura, senza alcun aggravio per il SSN, ma anzi ottenendo riduzione dei costi per risparmi di attività diagnostica, spesa farmaceutica e ricoveri inappropriati.

Immaginiamo quindi le RSA del futuro come strutture dotate di sempre più elevate competenze e capacità cliniche, anche specialistiche, per il trattamento di patologie come demenze, scompensi metabolici e cardiovascolari, stati vegetativi permanenti, disturbi psichiatrici di particolare gravità e che, in considerazione dell’elevato livello professionale delle equipe operanti, siano in grado di ampliare il loro ambito di attività anche ad altri aspetti dell’attività territoriale, come assistenza domiciliare, servizi semiresidenziali e di telemedicina.

dott. Sebastiano Capurso
Presidente nazionale Anaste