La denuncia: Rsa “pirata” negli hotel con medici, infermieri e prezzi stracciati
I controlli dei carabinieri scoprono diverse strutture irregolari, soprattutto in piccoli centri di provincia, con rette da 1600 euro al mese: le case di riposo alle famiglie costano il doppio. La denuncia di Michele Assandri (Anaste): “Nessuna impresa sanitaria potrebbe applicare quelle tariffe, certi alberghi fiutano l’affare”
La facciata è quella di una ” Casa vacanza”, spesso si qualificano così. Oppure di un piccolo albergo o pensione, mediamente un due- tre stelle. In realtà l’offerta promossa sottobanco è quella di una casa di riposo, con servizi tipici di una struttura per anziani in differenti condizioni di autosufficienza.
Si promettono cure mediche e infermieristiche in caso di bisogno, garantendo la disponibilità di sanitari e infermieri disponibili a controlli e interventi periodici. Un mese in questi ” alberghi” che puntano ad attirare le famiglie in cerca di un’accoglienza sostenibile per i loro anziani può costare mediamente 1.600 euro, una cifra ben più abbordabile dei 2.700-3.000 che si spendono in una Rsa a media intensità. Per non parlare dei disagi e dei problemi organizzativi e burocratici di una gestione familiare con badanti, in molti casi almeno due nelle situazioni più complicate. Contributi da versare, turn over rapido.
La convenienza di una sistemazione ” abusiva”, anche se probabilmente non ottimale o altamente professionale (ma ci sono anche casi in cui la clientela è soddisfatta), è evidente: una Rsa che offre un servizio di bassa intensità può costare circa 72 euro al giorno, mediamente 2.200 euro al mese; la tariffa di media intensità (sei minuti al giorno di assistenza infermieristica) sale a 84 euro e l’alta intensità a 94, per una retta mensile che può oscillare fra i 3.000 e i 3.500 euro.
Il fenomeno è in forte aumento, con nuove e più diffuse declinazioni sotto la generica etichetta di abusivismo: i problemi possono essere contratti anomali, personale sottopagato, autorizzazioni che mancano, eccesso di ospiti rispetto ai numeri consentiti. «Nessuna Rsa strutturata potrebbe avere quei costi – è la denuncia di Michele Assandri, presidente di Anaste Piemonte, l’associazione nazionale strutture territoriali e per la terza età – ovviamente si tratta di servizi di base, ma per molte famiglie che non hanno la convenzione per la quale la parte alberghiera la paga il Comune, è un risparmio notevole.
E chi ha strutture magari vuote o semivuote per assenza di turisti ha fiutato l’affare». Numeri certi al momento non ce ne sono «ma quando abbiamo notizia di situazioni del genere, con un servizio che si rivela talvolta anche inadeguato, avvertiamo i carabinieri del Nas. Sono casi meno frequenti in città, più probabili in realtà piccole», racconta ancora il presidente dell’Associazione. I controlli sulle Rsa ” mascherate” sono in corso in tutta Italia. Le verifiche sono partite per iniziativa del ministro Roberto Speranza durante il Covid.
A livello nazionale si parla di 90mila posti letto “abusivi” ma non si conoscono i dati piemontesi e in ogni caso si tratta di cifre non definitive. «Abbiamo chiesto i dati precisi al ministero – rivela Anaste – ma ci hanno risposto che le indagini non sono ancora concluse». Fotografare la situazione nel dettaglio è complicato ma Assandri cita un aspetto a suo parere indicativo: «Durante il Covid i tamponi richiesti alla Regione dalle strutture per gli ospiti erano 35mila a fronte dei 26mila posti accreditati. Un’anomalia che va chiarita».
Dopo i tempi terribili della pandemia la situazione nelle Rsa piemontesi è migliorata, con l’aumento di occupazione rispetto alle percentuali preoccupanti degli scorsi anni. Ma mentre cresce il fenomeno dell’abusivismo le condizioni restano difficili. Fra le ragioni di crisi la mancanza di personale, tanto che il reclutamento avviene direttamente all’estero, come racconta Paolo Spolaore di Confindustria sanità: «Noi abbiamo un filo diretto con Santo Domingo, ma ci sono complesse pratiche burocratiche da fare, c’è il tema della lingua che spesso questi infermieri, pur preparati e formati adeguatamente, non conoscono».
E c’è l’aumento dei costi energetici e pure degli interessi bancari: «Questi ultimi sono addirittura triplicati», aggiunge Spolaore. Secondo la stima di Anaste il 2023 si chiuderà con la perdita di mille posti letto in Piemonte, dopo il calo in questi anni di pandemia: «Le strutture più piccole, quelle con 50 posti letto, non hanno alcuna chance di reggere».
In realtà a soffrire sono state tutte, grandi e piccole, interviene Spolaore: «Ora va senza dubbio meglio, in alcune strutture come la nostra l’occupazione è tornata a livelli che superano il 95%». Il bilancio si potrà fare soltanto a fine anno, ma i numeri attuali dicono che, tra i posti letto complessivi nelle Rsa piemontesi, 30mila sono quelli accreditati, 15mila i convenzionati.
Fonte: Repubblica del 21 agosto 2023. Articolo di Sara Strippoli