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Quei diritti negati nell’assistenzaagli anziani e i limiti della Riforma

Gli anziani non autosufficienti sono oggetto di grande dibattito e di grande propaganda, ma di scarse reali attenzioni.

Si assiste infatti ad una operazione di facciata, presentando la Legge di riforma del settore (L33/2023) come una occasione per una rivoluzione epocale dei paradigmi di assistenza, senza però dotarla di alcuna risorsa economica per raggiungere il suo scopo. Una riforma che nasce già gravemente menomata, senza la possibilità di svilupparsi.

Vi sono poi una serie di altri problemi, legati alla frammentazione del SSN nei 20 sistemi regionali, che deliberatamente si vogliono mantenere autonomi e differenziati, pur sapendo bene che proprio questa caratteristica rappresenta il punto debole dell’intero settore: purtroppo gelosie ed egoismi prevalgono rispetto alla visione di un bene comune.

Il Convengo del 25 gennaio

Così, nel Convegno organizzato da Anaste ed Ince, con il supporto dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, presso l’Università LUMSA di Roma il giorno 25 gennaio, si chiariranno gli aspetti fondamentali della riforma, e si spiegheranno i limiti degli interventi proposti, primo tra tutti l’illusione che si possano avviare nuovi servizi senza utilizzare il personale professionale attualmente impegnato presso altri setting di assistenza.

Assisteremo cioè inevitabilmente, considerata la drammatica carenza di infermieri, pari in Italia ad oltre 100.000 unità, allo spostamento di infermieri ed OSS da una tipologia di assistenza (in particolare residenziale e semiresidenziale) all’assistenza domiciliare che, richiedendo maggior assorbimento di risorse umane a parità di prestazioni rese, si tradurrà in un inevitabile riduzione del complessivo dei servizi offerti. Non sembra certo una soluzione intelligente.

Questo fenomeno sarà facilitato ed anzi accelerato dalla pervicace resistenza delle istituzioni a rivalutare gli importi delle rette riconosciute alle strutture convenzionate per i servizi resi, rette ferme, in generale, al 2012. Poiché le RSA vivono di finanza derivata (le rette sono fissate dalle Regioni), il mancato riconoscimento dei maggiori costi sta strangolando tutte le strutture private, che da anni chiudono i bilanci in rosso.

Stessa sorte non tocca alle RSA pubbliche,

che costano molto di più di quelle private, e che vedono ogni anno i deficit di bilancio ripianati dalle generose amministrazioni regionali (con il denaro dei contribuenti).

Il Convegno del 25 gennaio sarà anche l’occasione per ribadire quanto sia ingiusta questa discriminazione verso il settore privato, che si ripercuote inevitabilmente sugli utenti, per la progressiva riduzione dei servizi che è possibile assicurare, e sul personale di assistenza, fortemente penalizzato rispetto al personale degli enti pubblici che svolge la stessa attività, e per il quale le risorse economiche, in qualche modo, si trovano sempre.

Chiederemo quindi alle istituzioni, nella circostanza, un deciso cambio di direzione, destinando le risorse realmente necessarie, per garantire un reale sviluppo dell’assistenza agli anziani malati cronici.

Più posti letto nelle RSA, per recuperare i miliardi di Euro sprecati con i ricoveri prolungati, una diversa organizzazione interna, con potenziamento dei servizi medici e geriatrici e sviluppo della digitalizzazione, per una concreta riduzione della spesa farmaceutica e dei ricoveri impropri, in una visione di sincera integrazione dei servizi, ad esclusivo vantaggio dei cittadini.