Riprendiamo l’articolo pubblicato su Cronache Nazionali del 12 aprile 2023
Si è diffusa l’usanza di definire “pirata” alcuni CCNL che, a detta di chi li cataloga così, non sarebbero sufficientemente tutelanti per i lavoratori, per carenze normative o economiche. Questa definizione poi, essendo stata coniata e diffusa dalle OOSS Confederali CGIL/CISL/UIL, viene da loro usata per tutti gli accordi estranei al perimetro confederale, a voler ribadire che soltanto loro sono i garanti della regolarità dei CCNL, per la piena tutela dei diritti dei lavoratori.
Tutte le altre Organizzazioni Sindacali non confederali, con le quali le delegazioni della triplice rifiutano di sedersi a tavoli comuni di contrattazione, sono considerate “non rappresentative” e quindi non legittimate a sottoscrivere CCNL. Fortunatamente le cose non stanno così, ed anzi questa autoreferenzialità, tipica di CGIL/CIS/UIL, ha assunto recentemente contorni grotteschi. Va precisato che le norme prevedono che i CCNL, per essere validi, devono essere sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali “comparativamente maggiormente rappresentative” nel singolo settore, ed essere successivamente depositati presso il CNEL, che ne detiene l’archivio storico.
Il Ministero del Lavoro, con proprio Decreto del 2014, ha precisamente indicato quali siano da considerarsi “organizzazioni sindacali comparativamente maggiormente rappresentative” nei vari settori, includendo naturalmente anche molte altre sigle, oltre a quelle confederali, presenti nei luoghi di lavoro con propri iscritti e propri organismi di rappresentatività. Nello stesso modo, all’interno dell’assemblea del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), organo istituzionale di rappresentanza del mondo del lavoro, sono presenti, oltre ai confederali, molti altri sindacati “autonomi”, con pari diritti e dignità. Chiarita quindi la piena e totale legittimità, per i sindacati “autonomi” di sottoscrivere con le parti datoriali CCNL pienamente validi, resta da capire il motivo della giungla di trattamenti economici e normativi presenti nel settore.
E qui compare il primo, grandissimo problema, negato da tutti: quello dei contratti “fantasma”, che ricevono da parte dei sindacati confederali il bollino di “legittimità” senza che però la parte datoriale rappresenti una reale organizzazione di imprese.
“Fantasma”, in questo caso, è l’organizzazione datoriale, che non garantisce l’applicazione di quel contratto nemmeno a poche decine di lavoratori, o che lo applica soltanto in specifiche e limitate realtà regionali o provinciali, pur denominandoli “Contratti Nazionali”. Ancora una volta i sindacati confederali si ergono ad arbitri e custodi della legittimità, a loro totale discrezione, alterando di fatto il mercato del lavoro. Vi è poi un secondo problema, cioè l’applicazione, nelle strutture residenziali, di CCNL afferenti ad altri settori, come ad esempio i Contratti per servizi di pulizie, di badantato o di assistenza domestica, fenomeno a tutti noto, in primis alle OOSS, ma ampiamente tollerato, così come l’utilizzo di affidamenti in appalto o subappalti di servizi, impiego di personale con rapporti occasionali o libero professionali a partita IVA, che ulteriormente moltiplicano i trattamenti economici e normativi nel settore, che sconta altresì una forte quota di strutture ed organizzazioni abusive, con ulteriore proliferazione di rapporti anomali. Ma a volte vi è anche di peggio: convinti della giustezza dei propri criteri, si spingono, come in recenti casi giunti all’onore delle cronache nazionali, a richiedere formalmente alle aziende di non applicare nuovi contratti, legittimamente rinnovati con altre organizzazioni, in quanto da loro non sottoscritti o non approvati: per difendere la bandiera CGIL/CISL/UIL negano ai lavoratori, per decenni, i benefici economici e normativi di nuovi contratti. Sono loro, allora, i paladini dei lavoratori?
P.D.