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Assistenza agli anziani, perché il Lazio è la cenerentola d’Italia

Agli ultimi posti di tutte le classifiche per la drammatica carenza di posti letto, ritardi nella programmazione, insufficienza delle risorse, l’ unica regione italiana con tariffe invariate da oltre 17 anni ed abusivismo dilagante

Assistenza agli anziani, il Lazio è la cenerentola d’Italia e bene lo spiega il report annuale del CERGAS, il prestigioso centro studi dell’università Bocconi di Milano, pubblicato nei giorni scorsi e dedicato all’esame della situazione del settore dell’assistenza ai malati cronici ed anziani (La sostenibilità del settore Long Term Care nel medio-lungo periodo – 6° Rapporto Osservatorio Long Term Care – marzo 2024). I dati che emergono, purtroppo, sono sconfortanti per la Regione Lazio, che si trova agli ultimi posti nella graduatoria per i servizi messi a disposizione della cittadinanza.

In particolare, se si esamina il fabbisogno calcolato dagli esperti della Bocconi, si scopre che le necessità del Lazio sarebbe di circa 19.000 posti, per avvicinarsi almeno alla media nazionale del 9,6% di posti letto per anziani non autosufficienti di età superiore ai 75 anni, considerando che nella nostra Regione tale popolazione conta oltre 192.500 soggetti. Sfortunatamente quelli attualmente a disposizione, censiti in maniera ottimistica dalla stessa Regione, e riportati nel piano sanitario regionale 2023/2024, sono meno di 9.000, con una carenza quindi di oltre 10.000 posti: ne abbiamo quindi meno della metà di quelli che servirebbero a far funzionare correttamente il sistema.

La programmazione regionale però, forzando i numeri, pianifica il fabbisogno per il prossimo triennio 2024/2026 in solo 6.000 posti. Ci perdiamo per strada, in un solo colpo, circa 3.000 posti letto. Ma questi – insufficienti – 6.000 posti letto in RSA sono previsti forse per fine 2026, quando le esigenze, per l’invecchiamento della popolazione e il peggioramento delle patologie, saranno ancora aumentate, e quindi il ritardo rimarrà sostanzialmente invariato. Alla faccia della programmazione, che dovrebbe prevedere ed anticipare le necessità, non rincorrere le carenze già certificate ed evidenti. Ma ci sono anche altri aspetti da valutare.

Disporre del giusto numero di posti letto per cure di lungo termine serve non soltanto a garantire la più corretta assistenza agli anziani malati e non autosufficienti che non possono essere assistiti a domicilio, ma anche ad assicurare che gli stessi non appesantiscano gli ospedali, con accessi impropri ai Pronto Soccorso, andando a vanificare l’opera di riorganizzazione della rete ospedaliera che al momento non riesce a soddisfare nemmeno le esigenze dei pazienti acuti. Quindi esiste una fondamentale esigenza di tipo organizzativo, in quanto il sistema dell’assistenza sanitaria funziona come un meccanismo preciso, condizionato dal corretto rapporto tra i diversi componenti: la rete ospedaliera ha bisogno di un numero di posti letto per cure ai malati cronici ben determinato, che non può essere ridotto, pena il blocco dell’intero ingranaggio. Che è proprio quello a cui stiamo assistendo nel Lazio.

Ci sono altre considerazioni che dovrebbero spingere all’aumento degli investimenti nelle cure di lungo termine, ed in particolare la necessità di garantire assistenza dignitosa a tutti i nostri anziani malati. Cosa accade infatti? Che le famiglie, disperate per la carenza di risposte da parte delle istituzioni, e dovendo necessariamente provvedere all’assistenza dei propri cari malati, sono costrette a cercare soluzioni alternative. Ed è qui che si inseriscono operatori improvvisati ed inadeguati, con il proliferare di iniziative di assistenza residenziale completamente abusive, prive di requisiti tecnici, strutturali ed organizzativi, magari con rette stracciate, certamente non in grado di assicurare la qualità delle cure e dei servizi minimi.

Ci si stupisce poi del continuo scandalo dei maltrattamenti, degli anziani abbandonati in strutture fatiscenti, dello scadere dei livelli di assistenza, quando si tratta solo di situazioni conseguenti alla carenza di tempestive risposte istituzionali. L’assistenza agli anziani non autosufficienti, se ben condotta, ha dei costi che non possono essere ridotti, se non a scapito della qualità. Questo lo hanno capito tutte le Regioni (tranne una), che nel corso degli ultimi anni hanno progressivamente adeguato le rette di degenza all’aumento dei costi di gestione (rinnovi del CCNL degli operatori, aumenti del costo dell’energia e delle forniture, ecc.), contribuendo a garantire la funzionalità delle strutture.

L’eccezione è la Regione Lazio che, ancora una volta Cenerentola italiana, riconosce tariffe, per i servizi prestati dalle RSA accreditate, sostanzialmente invariate dal lontano 2007. Possibile che nessuno si renda conto che non è più possibile continuare a garantire l’assistenza a tali condizioni? E che tale sottofinanziamento rende impossibile il piano di adeguamento previsto dalla programmazione regionale, e non ci saranno mai operatori economici interessati ad investire per realizzare le nuove RSA, in un settore in cui si accumulano solo perdite? A meno che tutto ciò non sia artatamente sviluppato per poter riprendere una vecchia ipotesi della giunta Zingaretti che prevedeva la realizzazione di RSA pubbliche; strutture che per fare lo stesso servizio delle private, spendono il doppio…. tanto le perdite vengono regolarmente ripianate, anno dopo anno, con denaro pubblico. Soldi di tutti noi dilapidati sull’altare dell’inefficienza.