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RSA, il gioco degli equivoci

Di Michela Capurso

Sempre più evidente lo scollamento tra le esigenze degli utenti e la percezione delle medesime che ha chi governa. Nel “sociosanitario”, il sanitario viene minimizzato, per far prevalere la valenza “sociale” delle prestazioni, e porle a carico diretto dei
cittadini, riducendo la spesa per il sistema pubblico. Nel caso delle Residenze Sanitarie Assistite cittadini e famiglie pagano
rette che dovrebbero essere a carico delle Regioni e del SSN. Basterebbe destinare le risorse necessarie ad assistere la
popolazione di anziani con gravi limitazioni funzionali. I cittadini sono senza punti di riferimento. Serve una “giornata di
consapevolezza” (proposta Anaste), un momento di informazione rivolto a tutti i cittadini.

È sempre più evidente uno scollamento tra le esigenze della cittadinanza e la percezione che di queste necessità hanno le forze politiche. Un esempio eclatante viene dalla situazione, sempre più drammatica, di quello che viene oggi definito “settore sociosanitario”, campo dove si sovrappongono alle prevalenti necessità di tipo squisitamente sanitario, cioè malattie invalidanti o esiti delle stesse, anche bisogni di tipo sociale. L’aspetto sanitario viene deliberatamente minimizzato, per consentire di far prevalere la valenza “sociale” delle prestazioni, e porle a carico diretto dei cittadini, riducendo la spesa per il sistema sanitario pubblico.

Sappiamo, ad esempio, che le rette di degenza nelle RSA sono impropriamente per il 50% a carico degli ospiti, nonostante siano ormai numerose le sentenze della Corte di Cassazione che indicano come, nei casi di demenza, che rappresentano oltre il 60% delle patologie degli utenti di RSA, la retta debba essere al 100% a carico del SSN, e che limitazioni di bilancio non possono privare o ridurre il diritto a ricevere le cure e l’assistenza necessarie a condurre una vita dignitosa. Ma così va il mondo, e tutti fingono di non sapere, le risorse vengono destinate ad altre attività, e cittadini e famiglie pagano rette che dovrebbero essere a carico delle Regioni e del SSN. Come risolvere questa contraddizione? Una strada sarebbe quella di destinare le risorse necessarie ad assistere questa popolazione di anziani con gravi limitazioni funzionali – 3,9 milioni di italiani, secondo gli ultimi dati ISTAT – raggiungendo così il livello degli altri paesi europei.

La scelta per una chiara definizione dei decreti attuativi della recente L 33/2023 e la messa a disposizione, nel 2024, delle risorse economiche necessarie, pari a circa 1,3 miliardi è stata sostenuta sia dal CIASS, il Coordinamento inter-associativo del settore socio-sanitario, sia dal Patto per un nuovo welfare, sia da molte altre associazioni, centri di ricerca, ecc. Il percorso intrapreso dal Governo, in continuità con quello precedente, è invece quello delle promesse irrealizzabili – in particolare l’assistenza a domicilio – senza riguardo per la impraticabilità della soluzione stessa, a causa principalmente della carenza di personale professionale, e senza lo stanziamento, come detto, di alcuna risorsa aggiuntiva. Il tentativo, in definitiva, appare quello di confinare l’assistenza agli anziani non autosufficienti in un limbo di illusioni (la grande riforma, l’assistenza domiciliare, il Sistema Nazionale Assistenza Anziani SNAA, l’integrazione socio-sanitaria), limitando di fatto la possibilità di accesso ai servizi del SSN, e scaricando l’onere dell’assistenza, ancora una volta, sulle famiglie. Così si spiega il susseguirsi degli “Appelli” e dei “Manifesti” (Fondazione GIMBE – Salviamo il nostro SSN; CIASS – Appello per le RSA; Patto per un nuovo welfare – Manifesto per i decreti attuativi) che le Organizzazioni di settore, di fronte all’assenza della politica, sono stati costretti a diffondere pubblicamente, in questi mesi, nel tentativo di sensibilizzare la pubblica opinione sulla necessità di difendere il settore delle cure a lungo termine.

La gravità della situazione viene compresa solo quando si viene direttamente coinvolti dal problema, con la necessità di ricoverare in RSA un congiunto, e si devono affrontare mesi in lista di attesa e continui rifiuti ad una reale ed efficace presa in carico. In ogni caso la necessità di ricorrere al coinvolgimento diretto dei cittadini, per sollecitare le istituzioni a svolgere in modo corretto il loro compito, appare come una rinuncia alla funzione propria dei partiti politici, che dovrebbero interpretare e riassumere le esigenze legittime e le istanze reali dei cittadini e portarle nelle istituzioni pubbliche.

Questo ruolo di mediazione, con l’avvento dei “partiti personali” e con la imperante demagogia del “pensiero unico” all’interno delle diverse aggregazioni, è quindi venuto a mancare, ed i cittadini, così come le imprese, si ritrovano di fatto privi di punti di riferimento, con i quali sviluppare il dibattito ed il necessario confronto, per il raggiungimento del bene comune. Se sapremo superare questa fase difficile, potremo avviare a soluzione anche il problema, sempre più grave, dell’assistenza ai nostri anziani disabili, ma se non ci riusciremo il disastro sociale sarà completo. A tale proposito, una delle iniziative proposte da Anaste all’interno delle attività del coordinamento interassociativo nazionale è proprio “La giornata della consapevolezza”, un momento di informazione rivolto a tutti i cittadini, affinché comprendano compiutamente le problematiche del settore, e possano rendersi conto di come vengono effettivamente utilizzate le risorse economiche con cui viene globalmente finanziato il SSN.

L’iniziativa prevede la distribuzione di materiale divulgativo ed illustrativo della situazione e delle proposte degli enti gestori, con consegna ad utenti, familiari, operatori, fornitori, consulenti di tutte le strutture residenziali e dei servizi domiciliari associati, con coinvolgimento diretto di oltre 1 milione di persone. A questa attività verrà affiancata una capillare azione sui social, sui mezzi di informazione tradizionali e l’invio di mail e di materiale informativo attraverso canali elettronici ed utilizzo di banche dati specializzate. Una mobilitazione generale del settore, che vedrà impegnate associazioni di categoria, sindacati, università, centri di ricerca, medici di famiglia, associazioni di malati, disabili e semplici cittadini, centri anziani, fondazioni ed organizzazioni del terzo settore, e chiunque abbia a cuore la dignità della condizione anziana, per imprimere una svolta decisa nelle politiche sanitarie del nostro paese, perché salvare l’assistenza ed il Servizio sanitario nazionale è ancora possibile, ma bisogna agire subito. 

Da Cronache Nazionali del 13 dicembre 2023