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Le ambiguità di una riforma senza risorse

Riconoscere la condizione di dipendenza di una fetta consistente della popolazione ( 4 milioni di ultrasessantacinquenni con grave compromissione della capacità funzionale) senza finanziarla adeguatamente non cambia la realtà. Il pericolo di spingere le RSA verso il settore sociale e di mettere a rischio l’assistenza per 300.000 anziani malati.

Ripubblichiamo l’articolo del 26 aprile a firma di Paolo Dordit su Cronache Nazionali


Il 20 aprile a Piacenza, nel corso dell’annuale “Meeting delle professioni di cura” organizzato dall’Editrice Dapero, sono intervenuti, nella sessione di apertura, il Prof. Cristiano Gori, coordinatore del Patto per un nuovo welfare, ed il dott. Sebastiano Capurso, presidente nazionale di Anaste. Il Prof. Gori ha sottolineato l’importanza della nuova Legge delega sulla non-autosufficienza, recentemente approvata dal Parlamento, che può rappresentare una pietra miliare nel percorso del riconoscimento della specifica condizione di dipendenza di molti anziani (in Italia sono circa 4 milioni, secondo L’Istat, gli ultrasessantacinquenni con grave compromissione della capacità funzionale), consentendo così, sulla base di un preciso dettato normativo, di predisporre politiche dedicate per rispondere con precisione e tempestività alle singoli necessità, con interventi mirati. “Solo un anno fa un simile risultato, per quanto ancora parziale, sembrava impossibile”, ha ricordato, “ma ora è necessario operare attraverso i decreti delegati, previsti entro il 2024, per dare piena attuazione al percorso”.

Il dott. Capurso, intervenuto subito dopo, ha rilevato come, pur trattandosi di una riforma dalle grandi ambizioni, alla stessa non sia stata dedicata nessuna risorsa economica aggiuntiva, con la prima conseguenza che il numero dei cittadini realmente assistiti, che sono oggi una esigua minoranza rispetto a quelli bisognosi di cure, rischia di rimanere invariato. Capurso ha poi affermato che a suo avviso la riforma non tiene nel debito conto che si tratta di soggetti non autosufficienti a causa di malattie croniche, e quindi “dobbiamo assistere anziani malati, che non possono perdere la fondamentale tutela alle cure, garantita costituzionalmente a tutti i cittadini, attraverso il Servizio Sanitario nazionale, rimanendo confinati nel recinto economico del nuovo Sistema nazionale assistenza anziani – SNAA, che ha regole di finanziamento definite e non certamente in grado di assicurare prestazioni universalistiche e qualitativamente omogenee”.

Un gravissimo segnale, quindi, che potrebbe rappresentare un tentativo per far scivolare l’assistenza agli anziani fuori dal SSN, verso il settore sociale, già oggi scarsamente finanziato, come se lo Stato si rendesse conto di non essere più in grado di sostenere gli oneri assistenziali relativi all’assistenza agli anziani, e li volesse quindi scaricare sulle famiglie. Un passo indietro pericoloso, ma che peraltro appare concretizzarsi anche con l’incredibile esclusione delle RSA, unica vera risposta offerta dal SSN nel campo delle cure di lungo termine, dal sistema dell’assistenza territoriale delineato dal DM77. Le proposte del Governo Meloni, in ambigua continuità con quelle dei governi precedenti, portano come soluzioni gli Ospedali di comunità e l’assistenza domiciliare integrata socio-sanitaria, attività per le quali non è disponibile, e non lo sarà per i prossimi dieci anni, il personale professionale necessario, o la telemedicina, per la quale manca la infrastruttura tecnologica.

Nello stesso tempo, attraverso il PNRR, vengono finanziate iniziative come l’assistenza domiciliare prestazionale, certamente non idonea a rispondere alle istanze della riforma. In definitiva, Capurso ha lanciato un allarme a tutti gli operatori del settore, aziende e professionisti della sanità: ”Bisogna alzare lo sguardo e valutare la situazione nel suo complesso, considerando che le risorse, sia per lo SNAA che soprattutto per il SSN, sono assolutamente insufficienti ed inferiori di molto alla media dei paesi europei.

Se non ci sarà a breve un cambio di rotta la sanità pubblica, come noi la abbiamo finora conosciuta, è destinata a scomparire, e gli anziani non autosufficienti non potranno più avvalersi delle cure e dell’assistenza necessarie per condurre una vecchiaia dignitosa. Il peso delle cure ricadrà sempre più sulle famiglie. Appare quindi un dovere, per tutti gli operatori del settore, condurre una quotidiana campagna di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, sia per la tutela dei più fragili, sia per rivendicare il valore e l’importanza del lavoro di cura.”

Segnali inquietanti da un dibattito attorno alla nuova Legge delega sulla non-autosufficienza