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Coronavirus, Anaste Lazio: In case riposo rischio focolai, isolarle tutte

Pubblichiamo l’intervista al Presidente di Anaste Lazio, dott. Sebastiano Capurso, a cura di Laura Carcano per LaPresse.it

 

Coronavirus, Anaste: In case riposo rischio focolai, isolarle tutte

Di Laura Carcano

Torino, 30 mar. (LaPresse) – “Le case di riposo per anziani sono ad alto rischio contagio. C’è il pericolo che molte diventino focolai di infezione da Coronavirus nei prossimi giorni. Può essere una strage”. E’ l’allarme di Sebastiano Capurso, vicepresidente Anaste, associazione nazionale che fa riferimento a Confcommercio e che rappresenta le imprese private di assistenza residenziale agli anziani, sia auto che non autosufficienti, raggruppando 400 strutture in Italia con circa 5mila addetti.

DOMANDE Che differenze c’è fra Rsa (residenza sanitaria assistenziale) e case di riposo?
RISPOSTA. Tutte le strutture sono a rischio. Ma bisogna distinguere. Le case di riposo sono strutture sociali, con un direttore amministrativo, non sanitario. Le Residenze sanitarie assistenziali sono invece realtà di carattere sanitario dove lavorano medici e infermieri, con una direzione sanitaria. Mentre la Rsa è in grado di porre in essere procedure per arginare il Covid-19, la casa di riposo non ha in genere personale sufficientemente formato per una epidemia di queste proporzioni.

D. Ci spieghi il pericolo …

R. Una volta che il virus entra è un dramma. E purtroppo lo si è visto anche nel caso della RSA, come a Civitavecchia negli ultimi giorni o in altre regioni. Chi ha attivato da subito le procedure dell’ISS, come noi abbiamo fortemente raccomandato ai nostri iscritti, sta tentando di arginare il problema. Ma dove questo non è avvenuto io temo nei prossimi giorni un’evoluzione negativa sul fronte dei contagi, in particolare nelle strutture sociali. Ce ne saranno molte coinvolte dalla epidemia che potranno diventeranno a loro volta dei focolai di infezione del virus.

D. Che problemi incontrano le strutture ad applicare le procedure ?
R. Per prima cosa i presidi sanitari individuali, guanti e soprattutto le mascherine, sono scarsissime e insufficienti.

D. Ci sono state disposizioni da parte del sistema sanitario per limitare le visite di parenti ed evitare contatti con gli anziani?

R. Come Anaste dai primi di marzo, da prima che i decreti lo imponessero, abbiamo chiesto a tutti di tenere chiuse le strutture agli esterni e bloccare le visite, ai parenti, ai fornitori. Di blindare le strutture insomma. Per alcuni giorni dalle autorità sono state fornite solo delle raccomandazioni, non disposizioni cogenti. Non tutti si sono attenuti. E così qualcuno si è infettato. Sono bastati 2/3 giorni di incertezza per creare il disastro.
Ci sono delle deroghe per cui si da’ facoltà alle direzioni sanitarie, solo per casi eccezionali, come un paziente morente, per fare entrare uno o più parenti. Ma devono essere fortemente controllate. Lo ribadisco: le Rsa sono in un elenco regionale. Il grosso problema è con le case di riposo, che non hanno l’obbligo di passare per Regione e Asl, ma che ricevono dai Comuni l’autorizzazione e magari hanno i nomi più diversi, come case di riposo, case albergo, anche gestite da centri religiosi.
Con questa pandemia, in tutto il Paese con particolari criticità al Sud, io non sono certo che ci sia dappertutto ancora oggi la necessaria consapevolezza della gravità del pericolo di fare entrare parenti e soggetti esterni.

D. Avete richiesto tamponi?

R. Ovviamente abbiamo chiesto il tampone per tutto il personale alle Asl e alla Regione. Anche per i nuovi ospiti ammessi, come gli anziani provenienti da ospedali dove ci sono focolai epidemici, che tornano nelle strutture servirebbe fare il tampone, per individuare i contagiati asintomatici. Ma non lo abbiamo ancora ottenuto.
E comunque in certi casi se iniziassero a farli adesso, ormai chi si è infettato al di fuori lo avrebbe potuto già trasmettere ad anziani e colleghi. I tamponi comunque vanno fatti per tutelare le persone al momento salve.

D. Quale è la soluzione per evitare di trasformare altre strutture in focolai?
R. Isolarle tutte: Rsa e case di riposo. Entri solo il personale necessario, che ha fatto il tampone e misurato la febbre all’ingresso. Chi ha più di 37,5 torni a casa. Per salvare le vite degli anziani, i più a rischio.

D. Come è cambiata la vita per gli anziani?
R. È stata sconvolta, sovvertita la struttura comunitaria. Dalla massima socializzione, ad esempio nel mangiare insieme e nel fare venire i parenti, si è passati ora alla chiusura, allo stare distanti. Ora facciamo comunicare gli anziani con batterie di videochiamate ai parenti. Anche questa è una rivoluzione per loro.

lcr/vor

301835 Mar 2020