Sanità: come riorganizzare il territorio dando valore alle RSA

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Le RSA sono già oggi i veri ‘ospedali di comunità’. “Basterebbe potenziare le RSA – dice il Presidente Anaste, Sebastiano Capurso – lasciando così più risorse per formare (e assumere) nuovi medici ed infermieri”

Il riordino del territorio in sanità cominci… dalle Rsa!

Basta potenziarle per far funzionare davvero e una volta per tutte quel presidio/filtro che deve sollevare e sostenere l’intero Servizio Sanitario Nazionale, oggi messo duramente alla prova dalla pandemia, non senza lacune gravi. Soprattutto dopo che per anni sono stati effettuati tagli scellerati alla Sanità in genere, a cominciare dai piccoli ospedali per terminare con il personale, medici e infermieri. Il Presidente nazionale Anaste, il dott. Sebastiano Capurso, ha rilasciato interviste a molte testate giornalistiche sostenendo chiaramente, dati alla mano, che gli ospedali di comunità sono una soluzione complessa, difficile e costosa. “Le RSA hanno un grande potenziale perché presidiano il territorio afferma il Presidente Anaste – esse sono da sempre il punto di riferimento per la comunità e per le famiglie.

Oggi queste strutture sono fortemente sotto utilizzate, pensiamo ad esempio al tema delle vaccinazioni o alla telemedicina. Le RSA hanno parcheggi, spazi per riunioni, sale dedicate, infrastruttura tecnologica di base, attrezzature e personale medico ed infermieristico formato per fronteggiare un’emergenza, al contrario, ad esempio, delle farmacie. Pensando alle attività dei medici di base, c’è una visione confusa sul tema. I medici tra di loro si incontrano per visitare i malati in RSA, ma poi ognuno svolge la sua professione in maniera isolata. Pensiamo invece ad una visione delle RSA come centro di servizi, dove potrebbero trovare ad esempio posto un armadio farmaceutico, oppure gli ambulatori dei medici, per la medicina di gruppo, o ancora luoghi dove potrebbero svolgersi le vaccinazioni”.

Arrivato alla Presidenza Anaste dopo esperienza diretta alla guida di una Rsa, Sebastiano Capurso, che fra l’altro è medico, ha le idee chiare: “Un preciso obiettivo del mio mandato è spiegare che l’assistenza territoriale si può svolgere soprattutto nelle residenze per anziani e sul territorio, avendo come punto di partenza proprio la RSA, presidio per definizione attivo h24, associato al centro semiresidenziale diurno ed ai servizi domiciliari e di tele-medicina e tele-assistenza. A seconda della fase, all’anziano o alla persona con disabilità potrà essere fornita una risposta personalizzata diversa, adatta cioè a rispondere alle esigenze del momento, di presa in carico domiciliare, semiresidenziale o residenziale”. La redazione di Senzaetà lo scorso anno ha tenuto un incontro ai massimi vertici del ministero e dell’ISS per meglio individuare l’evoluzione delle Rsa. Già il titolo, “Rsa del Futuro”, presupponeva un potenziamento delle strutture per anziani, non solo, verso la personalizzazione ma anche verso l’ospedalizzazione. “Basta poco – continua su questo tema il Presidente Capurso – per potenziare le Rsa occorre un decimo del miliardo di euro previsto dal PNRR. Il resto potrebbe essere destinato a formare 200mila medici e 90mila infermieri che servono oggi!

Una “visione” futura

Questa sarebbe una rinascita vera della sanità, dell’assistenza vicina alle persone, con servizi di qualità e la giusta attenzione a nuova occupazione”.

Due le ragioni di tale visione futura:

a) La grande maggioranza delle persone con patologie singole o multiple, è sempre costituita dalle persone anziane. Loro sono i primi ad ammalarsi, più fragili, con più bisogno di cure. Sono loro che aspettano risposte e soluzioni efficaci per le emergenze come il Covid.

b) Le Rsa sul territorio sono già ben distribuite e presenti. Dappertutto. Sono di fatto il primo presidio per la sanità che funziona.

Ma le RSA, che sono già oggi i veri “ospedali di comunità” possono diventare il presidio cardine dell’assistenza territoriale del futuro. “Purtroppo, il dibattito sulla riforma dell’assistenza sanitaria territoriale sottolinea Capurso sembra trascurare le soluzioni più semplici e più economiche. Va considerata infatti l’evoluzione demografica della popolazione italiana, con anziani sempre più numerosi, di età più elevata e con molte patologie: aumentano costantemente i non autosufficienti malati, da assistere h24 (nel 2021 gli over 80 erano il 4,34% della popolazione, nel 2011 il 6,12% e nel 2020 il 6,5%). L’assistenza domiciliare non è indicata per questi utenti, che spesso non hanno né una casa né una famiglia (il 40% degli ultra 75enni vive solo), in quanto insufficiente a risolverne le complesse esigenze assistenziali”.

Secondo il Presidente di Anaste, quindi, “potenziare l’assistenza domiciliare, attività ad altissimo assorbimento di personale, è impraticabile, sia per la attuale mancanza di oltre 100.000 infermieri – per questo il sistema è vicino al collasso – sia perché si rivolge ad utenti meno compromessi, e non riduce i ricoveri in RSA”. Piche una proposta, questa diventa allora la soluzione più saggia.

Le RSA italiane

Per i non autosufficienti l’ospitalità in RSA è l’unica soluzione, ma i posti letto attivi in Italia sono insufficienti, meno della metà della media OCSE (i posti letto per 100.000 abitanti in Germania sono il 5,4%, in Francia il 5%, nell’OCSE il 4,5% e in Italia 1’1,9%). “La logica conseguenza – aggiunge Capurso – induce a rafforzare le RSA che, dimenticate da decenni nei programmi governativi, con corrispettivi economici fermi da 15 anni, colpite dallo tsunami della pandemia, hanno resistito da sole, con grandissimo impegno di risorse economiche ed umane, trasformandosi in pochi giorni in reparti di isolamento per malattie infettive, dimostrando una straordinaria capacità di adattamento.

Le RSA italiane hanno rappresentato l’unica salvezza per tantissimi anziani, assicurando le cure necessarie con grande efficacia (decessi in RSA: mondo 46%; Italia il 31,7%)”. ”È inoltre di fondamentale importanza il sistema di rete delle Rsa nella gestione del continuum assistenziale specie nei rapporti ospedale-territorio che le Rsa potrebbero facilitare rendendo più semplice, per le famiglie, individuare le diverse possibilità’ assistenziali nella fase di post acuzie, personalizzate secondo le specifiche esigenze”. Lo ha detto lo stesso Presidente al convegno ‘Oltre la Rsa’ svoltosi a Firenze e organizzato dalla Fondazione Turati.

Ora, una speciale commissione è stata incaricata di studiare il miglioramento della qualità della vita e delle cure per anziani: la cosiddetta Commissione Paglia di cui su Senzaetà abbiamo molto parlato. Ebbene, del documento predisposto dalla Commissione Paglia, Capurso dice: ”Noi condividiamo molti aspetti, come la proposta di rendere le Rsa il fulcro del sistema dell’assistenza territoriale attraverso la fornitura di servizi assistenziali integrati, a partire proprio dalle stesse Rsa”. Sarebbe proprio la direzione giusta, nell’interesse della popolazione che sta invecchiando sempre più Per il Presidente Anaste è necessario “garantire il diritto ad una vita dignitosa agli anziani più compromessi, realizzare al sud I posti letto mancanti, rafforzare le strutture esistenti con la digitalizzazione dei processi, migliorare la qualità dell’assistenza con personale più qualificato e motivato e diversificare l’offerta, con servizi domiciliari e teleassistenza.

Le RSA sono già oggi i veri ‘ospedali di comunità’ e possono diventare, con gli investimenti del PNRR, il presidio cardine dell’assistenza territoriale. Valorizzare il patrimonio di esperienze e competenze esistenti, a supporto del sistema pubblico, dà la certezza di realizzare in pochi mesi i risultati previsti dal PNRR per il 2026, con un enorme risparmio di risorse, attraverso l’impegno congiunto Stato-Imprese”. >>